Ingresso
Breve guida delle opere esposte
Al palazzo si accede da una breve scalinata che dà accesso al portico dove possiamo ammirare 4 vasi in pietra tenera di Vicenza, che ornavano il frontone dell’Asilo di maternità (1878), fatto costruire da Alessandro Rossi, mentre nel salone all’ingresso si trovano i busti che erano precedentemente collocati nell’androne-corridoio dell’asilo medesimo.
I dodici busti in marmo di Carrara erano collocati secondo un programma espositivo caro ai principi di Alessandro Rossi, che identifica i modelli morali da seguire per i bambini educati nell’asilo: al centro la famiglia reale dei Savoia, a destra gli educatori e i rappresentanti della Chiesa, a sinistra i padri fondatori dell’Unità d’Italia.
Sono collocati nel salone:
Gli educatori
Giacomo Zanella commissionato allo scultore Augusto Benvenuti.
Pio X di autore ignoto. Ludovico di Casoria, opera di Giulio Monteverde e Valentino Pasini che porta la firma di Vincenzo Vela.
I padri della Patria
Camillo Benso di Cavour di autore ignoto, Giuseppe Garibaldi, realizzato da Carlo Nicoli. Daniele Manin di Augusto Benvenuti. Quintino Sella dello scultore Odoardo Tabacchi.
Alle pareti due dipinti, originariamente facenti parte di un gruppo di cinque, che costituiscono un documento di notevole valore storico per Schio e per la storia civile del territorio vicentino. Rappresentano infatti alcune scene dipinte per celebrare le figure di Giambattista Verla e di Gian Galeazzo Thiene che a Schio rivestirono la carica di Vicari rispettivamente tra il 1609-1610 ed il 1626-1627.
I due dipinti in questione, Il battesimo di Roberto Verla e La consegna dell’alloro a Gian Galeazzo Thiene, molto probabilmente costituiscono un segno di omaggio. Sulle tele e sulle cornici, compare infatti ripetutamente lo stemma crociato rosso su campo giallo del Comune di Schio che evidentemente aveva commissionato i quadri. Sotto il profilo stilistico i dipinti rivelano la propria appartenenza alla cultura figurativa vicentina dei primi decenni del Seicento. La datazione sembra confermata anche dalla rigorosa foggia degli abiti neri, appena ravvivati dai bianchi colletti profilati di pizzo, ispirati alla moda olandese allora in voga. All’epoca, fin oltre il 1630, l’ambiente vicentino era dominato dalla bottega dei Maganza, tuttavia la semplificazione spaziale, le pose stereotipate dei personaggi, alcune approssimazioni nella resa dei particolari, e l’ingenuità delle gustose narrazioni, suggeriscono di attribuire i dipinti ad un modesto artista locale che rivela qui principalmente un interesse da cronista.
Esposti lungo le scalinate che portano al piano superiore, due dei tre ovali presenti al Museo realizzati dal pittore francese Louis Dorigny, nato a Parigi nel 1654 e figlio d’arte.
L’artista, dopo un soggiorno a Roma di 4 anni, e altri viaggi, è attestato nei territori della Serenissima già dagli anni ’70.
Nel 1700 il pittore ricevette un nuovo incarico dal patrizio Andrea Tron per la decorazione del salone da ballo di Ca’ Tron a San Stae (Venezia), in occasione del 15esimo compleanno del figlio Niccolò.
I tre ovali presenti in questo palazzo provengono da quella decorazione.
Le allegorie presentano una figura accompagnata da un animale utile per identificare il soggetto, presentano la stessa impostazione prospettica, che tiene conto della visione dal basso cui erano destinati e mostrano l’abilità dell’artista negli scorci:
L’Allegoria dell’Eloquenza è accompagnata dalla figura di un pappagallo dal piumaggio rosso e verde, isolato all’estremità del quadro, con il corpo rivolto alla figura femminile ma il capo ruotato verso di noi.
L’Allegoria della Pudicizia raffigura una figura femminile coricata su un fianco mentre torce le spalle, quasi a nascondere il viso di cui si scorge solo il profilo. È accompagnata dalla tartaruga, che con il suo guscio richiama le virtù domestiche.
Infine l’Allegoria della Fedeltà, collocata nella sala degli affreschi del museo, in cui la virtù è rappresentata da una figura femminile affiancata da un levriero accovacciato e rivolto verso di lei: il movimento del braccio e della mano che con la punta delle dita accarezza lievemente l’animale, crea un circolo chiuso tra le due figure a segnalarne l’intimità e la fiducia reciproca.